Perché darsi tanto da fare? Da ragazzo tutto quello che volevo era un posticino piccolo piccolo in questo mondo troppo grande, troppo difficile e… forse troppo cattivo per un ragazzo come me. Avevo una gran voglia di imparare e sognavo. Sognavo d’essere chiunque. Da bambino amavo guardare le stelle e pianeti e come tanti pensavo al futuro come un tempo mitico, irraggiungibile come i mondi posti ad anni luce. Si. Pensavo davvero che non avrei visto un futuro tanto lontano. Il mio mondo era fatto di cose minute e di cose enormi, irraggiungibili. Niente mezze misure. Sono rimasto così.

Pensandoci, guardo questo “mondo di mezzo” e mi sembra fatto di sole apparenze. Una vetrina di pubbliche virtù, una messa in scena, un gioco delle parti per il quale gli abitanti del mondo di mezzo si esercita sin dall’infanzia. Pensandoci, questo mondo di mezzo è la quintessenza di ciò che chiamiamo “la società civile”. Forse non dovrei usare questa espressione, per non generare equivoci. So che è già stata usata in un altro senso, in un diverso contesto. Uso questa espressione anche se equivoca e tutto sommato imprecisa, inadeguata, considerato che il “mondo di mezzo” è anche il solo che conosco e… forse non ne esistono altri. E’ un mondo sospeso, come fluttuante su un mare d’ignoranza, d’incomprensione e di abitudini. Pensandoci, perché darsi tanto da fare? Quando si è molto giovani, da bambini, abbiamo bisogno assoluto degli altri, di figure di riferimento. In genere sono adulti… mamma e papà… Sono loro che fanno tutte le scelte, a partire dal nome. Ci avviano, ci instradano, ci incasellano. Qualche volta ci offrono anche i loro desideri, ci obbligano a soddisfarli e noi facciamo di tutto, compreso soffrirne, derivarne problemi ed angosce.

Tutta questa gente, vive come sospesa in una bolla di apparenze e di falsità che serve a dare un senso alle ore, tra un risveglio e una dormita, ogni giorno. Ogni giorno. E mi piace la gente che sorride con gli occhi. Mi piacciono le persone gentili, educate… In questo cantuccio dove mi sono rifugiato, la gente non è ne meglio ne peggio che altrove. Le persone sono uguali dappertutto. Di solito sorridono se sorridi, fanno finta di non vederti se li ignori, se li offendi ti offendono e se credono che li disprezzi, ti disprezzano più che possono. La nostra esistenza dovrebbe essere un cammino di consapevolezza. Ma abbiamo costruito una realtà malata, troppo complicata da decifrare e non bastano i libri e la scienza dei millenni per darcene ragione, pur ad averci un cervello buono a capire. Quello che so di sicuro, è che al di la delle apparenze, delle convenzioni, su questo palcoscenico la maggioranza degli individui non è felice. Si perché qualche pazzo o buontempone chissà quanto tempo fa si è inventato questa strana idea, questa immagine, un’illusione proiettata sulla parete d’una caverna oscura. Forse era solo un bambino. Un folle che se andava in giro col suo tamburo di latta a svegliare i dormienti.  A lui si sarà unita quella coppia di artisti di strada che cantavano a squarciagola: felicità, felicità!